Sabato, 13 Maggio 2023 18:03

Amministrative 2023: decidiamo insieme a chi affidare la cura delle Città

Le imminenti consultazioni amministrative per l’elezione dei sindaci e il rinnovo dei consigli comunali interesseranno complessivamente oltre sei milioni di italiani da nord a sud

e 793 comuni in tutto il Paese. Si andrà al voto domenica e lunedì prossimi nei comuni che si trovano in Regioni a statuto ordinario, con eventuale turno di ballottaggio il 28 e 29 maggio, e negli stessi giorni del 28 e 29, con eventuale ballottaggio domenica 11 e lunedì 12 giugno, nei comuni di Sardegna e Sicilia. Quanto alle procedure elettorali, in centodieci comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti sussiste la possibilità di un secondo turno di ballottaggio per l’elezione del sindaco tra i candidati più votati, ove nessuno abbia raggiunto al primo turno la maggioranza assoluta dei voti (50% + 1). Tra tutti i suddetti comuni, le elezioni riguarderanno anche 17 capoluoghi di provincia e un capoluogo di regione (Ancona), sette dei quali hanno un numero di abitanti superiore a centomila. Catania è tra tutti il comune più popoloso con poco meno di trecentomila abitanti. 

Premessa questa “istantanea” volta a fornire in estrema sintesi un’idea del rilievo e significato nazionale di questa imminente tornata amministrativa, desidero qui proporre alcuni brevi spunti di riflessione sulla questione della partecipazione, sul se e come sia opportuno od addirittura necessario prendere parte alla vita democratica delle comunità, anzitutto proprio nel momento in cui si tratti di compiere la scelta di quel Primo cittadino al quale debba essere affidato il governo e per così dire – con termine che intende sottolineare la dimensione di autentica vocazione antropologica - la cura della Città. 

Promuovere la discussione pubblica su tale questione appare assolutamente necessario e non rinviabile proprio in considerazione del Tempo che viviamo, caratterizzato, come ho già cercato in varie occasioni di sottolineare, dalle crisi: plurali, ricorrenti, che alimentano il diffondersi del cosiddetto demone della paura, il quale caratterizza sempre più la dinamica della liquidità sociale in atto e si alimenta della permanente, progressiva sensazione di impotenza, di incapacità di avere il controllo tanto del presente come del futuro, contribuendo significativamente a sostenere la progressiva disaffezione dall’esercizio dei diritti politici. 

Anche la forma politica della democrazia è in questo contesto diffusamente interessata da una crisi profonda – praticamente più o meno ovunque in Occidente - resa manifesta per l’appunto da una progressiva disaffezione dei cittadini rispetto all’esercizio dei diritti democratici: quasi che una tale reazione di dolorosa e rabbiosa rinuncia al naturale desiderio di partecipazione e per così dire disincanto possa servire a “riscattare” la propria libertà di uomini, mentre invece, al contrario, la conseguenza ultima e più drammatica del venire meno della partecipazione democratica, e con essa del legame con la Polis, ci colpisce e ferisce direttamente, proprio e anzitutto come individui, in quanto viene per tale via progressivamente meno il nostro essere più autenticamente uomini e in quanto tali cittadini e animali politici. 

Numerose (e ormai consolidate e per lo più note) sono le concause più o meno contingenti che nell’orizzonte che caratterizza la cosiddetta postmodernità hanno provocato negli ultimi decenni un progressivo allontanamento della cittadinanza dagli affari della Polis, e quindi una cesura tra governanti e governati, amministratori e amministrati. Tra di esse mi sembra qui opportuno richiamare: la trasformazione dei partiti e delle loro segreterie in organizzazioni elitarie di professionisti della politica, a scapito tra l’altro della possibilità di mantenere un’organizzazione democratica degli stessi e di garantire un trasparente sistema di selezione delle candidature; l’impoverimento della classe politica e dirigente locale e nazionale; la frequente distrazione da un’autentica ricerca del ben-essere della Comunità; la indifferenza alla questione morale, che dovrebbe essere invece fondamento di ogni Politica; e in fondo l’assenza di una autentica vocazione alla Politica.

Un ulteriore obiettivo freno al naturale desiderio di partecipazione nella Polis, che appartiene alla condizione umana e la manifesta, è dato infine, in conseguenza di quanto osservato sopra, dall’offerta di classe dirigente che attraverso la selezione delle candidature è proposta alla cittadinanza sia alle elezioni amministrative che a quelle politiche: offerta non di rado insoddisfacente sia per le logiche disfunzionali che mettono capo al sistema di selezione sia per l’attuale penuria di politici e amministratori ispirati da autentica vocazione e ad un tempo competenti e retti. A tale proposito sembra di dovere pure osservare come la classe dirigente chiamata a decidere il futuro delle Città e del Paese, anche quando riaffermi formalmente l’intenzione di contrastare i fenomeni di astensionismo dal voto e di disaffezione dalla politica e dall’amministrazione della cittadinanza, abbia finito poi per orientare in concreto il proprio interesse e ragionare sulle strategie e politiche da adottare ponendo l’accento prevalentemente, quando non esclusivamente, sul dato dei flussi di consenso. Intendo dire che nelle stanze di partito sembra non di rado prevalere un ragionamento “realistico” - secondo logiche che fanno addirittura gioco proprio su quella disaffezione - e però privo tanto di prospettiva che di spirito di servizio al ben-essere della Comunità. Insomma, anche quando il partito dell’astensione abbia la maggioranza relativa, ciò non impedisce di formare governi e amministrazioni e conservare-rinnovare nel breve periodo il proprio potere.

Non mi pare dubbio allora che per restituire progressiva credibilità alla Politica (con la maiuscola) debbano essere considerati fondamentali e prioritarie una riforma della legislazione elettorale e la ridefinizione delle regole in concreto chiamate a garantire la democraticità dell’organizzazione interna dei partiti e la trasparenza e vorrei dire persino piena costituzionalità dei sistemi di selezione delle candidature. 

Allo stesso tempo come cittadini, come aclisti e come cristiani occorre dare testimonianza concreta alla naturale vocazione politica dell’uomo, intesa in particolare come svolgimento della missione affidata al libero accoglimento di tutti gli uomini e i fedeli laici, secondo i talenti di ciascuno. Chiamata che siamo stati esortati ad accogliere da ultimo anche nel corso del Pontificato di Francesco, che definisce quella vocazione una forma di martirio quotidiano consistente nel cercare il bene comune senza lasciarsi corrompere. Come cittadini siamo tutti chiamati ad esercitare quindi il nostro dovere e diritto di eligere, dunque scegliere, i nostri amministratori prudentemente e con la consapevolezza e il senso di responsabilità richiesti dal Tempo che viviamo: o in altre parole che rendono viva la nostra testimonianza di vita a distinguere responsabilmente il grano dal loglio, l’elemento buono da quello cattivo, la buona amministrazione dalla cattiva amministrazione e la buona politica dalla cattiva politica. A divenire sale della Terra e luce del mondo, dando vita ad un Umanesimo integrale capace di rendere fecondi la Società civile e le Istituzioni - al di là di ogni fragilità degli uomini che l’una e le altre costituiscano. 

Discernere prima di decidere quale sia la scelta migliore richiede, infine, di conoscere, dunque un esercizio di responsabilità civica che trovi sostegno nella valutazione delle azioni delle amministrazioni uscenti sulla base di concreti atti e dati riguardanti determinati ambiti della vita pubblica. Ѐ un itinerario per così dire di cittadinanza responsabile che può giovarsi oggigiorno oltre che della partecipazione alle sedute dei consigli comunali anche di banche dati relative alle amministrazioni pubbliche, le quali contengono tra l’altro i bilanci dei comuni. Un itinerario che apre le Città ai cittadini e consente a costoro di riguadagnare la propria dignità e libertà di partecipare.

Buon voto a tutti!

Santo Francesco Scirè è presidente della Fondazione Achille Grandi

Ultima modifica il Martedì, 16 Maggio 2023 09:17

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