Martedì, 25 Aprile 2023 11:29

La memoria della Liberazione come itinerario della Costituzione

In considerazione della particolare contingenza storica in cui essa giunge, la ricorrenza del settantottesimo anniversario della liberazione dell’Italia dai nazifascisti di questo 25 aprile sembra imporre di compiere - al di là del formale persistere di un diffuso sentimento celebrativo - uno sforzo volto a cogliere il significato che ad essa e alla sua carica ideale è oggi concretamente attribuito e manifestato attraverso i comportamenti della politica e delle Istituzioni rappresentative nonché della comunità nel nostro Paese. 

La memoria della Liberazione disegna infatti per così dire un itinerario, che, congiungendo nel corso degli anni i punti che lo costituiscono, definisce rispetto a quello di secondo e definitivo risorgimento morale, politico e sociale dell’Italia - icasticamente rappresentato da Achille Grandi in una lettera ai lavoratori del nord - significati ulteriori, od addirittura finisce per andare incontro ad un progressivo logorio in relazione ai tempi in cui essa è esercitata e alla interpretazione che negli anni sia data non solo a quella Storia di ritrovamento della libertà, dei tanti diritti ad essa correlati, della democrazia, della centralità della persona e del cittadino (al quale appartiene, siccome soggetto collettivo popolo, la sovranità) ma anche in concreto ai principi e valori sui quali l’Italia repubblicana ha inteso costituirsi attraverso la Legge fondamentale della Costituzione - che è in sé autentico faro costruito proprio a compimento della Liberazione e del referendum popolare sulla forma istituzionale dello Stato e capace di illuminare l’itinerario della memoria.

Nell’orizzonte che si è delineato, la festa della Liberazione assume dunque in questo nostro Tempo agitato dalle crisi - al plurale - un rilievo ed interesse ulteriore, siccome il significato che ad essa si riconosca e attribuisca in concreto costituisce di fatto anche una risposta agli eventi che stanno determinando l’odierno contesto nazionale ed internazionale e mettono in questione, insieme a significato e coerenza della memoria del passato, l’identità politica e giuridico-costituzionale e il futuro del nostro Paese. 

Penso anzitutto alla guerra in Ucraina. Ho già a suo tempo osservato come il fare dell’altro un nemico sia comunque segno di umana cecità, tanto maggiore per il cristiano che ama (deve amare) l’altro come sé stesso. La sofferenza inferta ad altri uomini od addirittura la loro uccisione, è ad un tempo, in quella direzione, metafisica sofferenza e morte dell’aggressore, abiura della propria vocazione esistenziale d’umanità. Ѐ questo a ben vedere il senso che in definitiva appare ispirare l’ordine costituzionale repubblicano, che, nella sintesi tra le sue matrici ideali, giunge con la formula dell’articolo 11 a prevedere che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: formula che esprime la liberazione in via di principio dalla possibilità dell’irragionevole negazione della libertà e della relazione, che sole ci rendono integralmente la nostra condizione di esseri umani.

Penso inoltre alla annosa questione delle migrazioni, ormai del tutto impropriamente declinata ancora come emergenza, cui è essenzialmente correlata quella del riconoscimento del diritto d’asilo - anch’esso costituzionalmente riconosciuto sulla base dell’articolo 10 e in linea di principio distinto dal riconoscimento dello status di rifugiato. Diritto d’asilo e status di rifugiato, che, l’uno e l’altro, presuppongono proprio la generale repressione delle libertà fondamentali nel Paese di provenienza dello straniero, ovvero anche, nel secondo, di atti persecutori a carico dello stesso.

Penso infine, ma nella consapevolezza che molto altro resta da affidare a più compiute analisi, alla condizione attuale della democrazia – che della Liberazione è certo stato obiettivo e conquista fondamentale - nel nostro Paese. Condizione segnata dalle tante forme di disaffezione da essa per lo più ingenerate nel detentore della sovranità popolare dalla crisi della Politica. Questa è tra l’altro attestata dalla carente democraticità dell’organizzazione dei partiti e poi anche dall’imperante indifferenza ad ogni codice etico di comportamento e senso della responsabilità da parte dei rappresentanti politici, in evidente contrasto con lo spirito costituzionale di servizio alla Nazione e alle sue Istituzioni. Disaffezione che, se trova manifestazioni puntuali e ormai per così dire strutturali nel partito del non voto, sempre più maggioritario, tuttavia priva in definitiva il detentore della sovranità della sua più autentica capacità - se non anche natura - politica.

Ecco, la memoria della Liberazione ha bisogno di essere espressa attraverso l’affectio e il rispetto per la Costituzione, che ne è il più prezioso dei lasciti. E sia da parte dei governanti che dei governati i suddetti sentimenti non possono essere manifestati – quando pure ciò avvenga - solo un giorno all’anno… 

Santo Francesco Scirè è presidente della Fondazione Achille Grandi

Ultima modifica il Giovedì, 11 Maggio 2023 15:47

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