Tuttavia, in Italia, la componente dei redditi da lavoro dipendente è sempre stata più bassa che altrove. È invece molto più alta la percentuale di lavoratori autonomi (19,6%), i cui redditi nella contabilità nazionale rientrano nel computo dei redditi da capitale.
È quanto emerso da un’analisi dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica. Altro dato di grande interesse (che potrebbe essere ragione di squilibri) è la crescita delle rendite immobiliari come quota dei redditi. In Italia, le rendite immobiliari pesano oggi per il 12,7 del Pil e il loro contributo è cresciuto in modo rilevante nel corso del tempo. Questa tendenza merita particolare attenzione per diversi motivi. In primis, le rendite per loro natura non rappresentano un ritorno su capitale produttivo, e il loro crescente peso nell’economia rappresenta una maggiore concentrazione su investimenti che non generano nuova attività produttiva e quindi hanno basso potenziale di crescita. In secondo luogo, passando dalla distribuzione funzionale a quella personale dei redditi, è evidente che in un mondo in cui le rendite immobiliari sono rilevanti e crescono più velocemente dei redditi da lavoro (ma anche di quelli da capitale produttivo), i temi della distribuzione del patrimonio e del loro passaggio tra generazioni acquistano un’importanza particolare per i loro effetti sull’uguaglianza delle risorse e delle opportunità.